mercoledì 22 aprile 2009

RELAZIONI PERICOLOSE - SICUREZZA, DIRITTI E AUTODETERMINAZIONE NELLA METROPOLI CONTEMPORANEA



Il progetto seminariale nasce dall'esigenza di costruire momenti di analisi e approfondimento accademico su alcuni temi che appaiono centrali nell’attuale dibattito pubblico, sia sul piano simbolico che su quello più legato alla dimensione reale della vita quotidiana: welfare, nuovi diritti e sicurezza.
La sicurezza in particolare sembra essere il concetto mainstream – quasi se si può dire il nuovo frame, dopo quello della guerra globale – attorno al quale si stanno dispiegando retoriche pubbliche che ci parlano di città blindate e desertificate, di paura della diversità, di ronde organizzate, di fenomeni di intolleranza, di razzismo.
Non passa giorno senza che le agenzie di controllo istituzionale e i mass media riproducano questa rappresentazione della realtà in modo unidimensionale e a tratti tautologico: le città sono insicure, quindi i cittadini hanno paura, quindi le città sono insicure. Ciò che recenti sondaggi hanno fatto emergere è infatti un fenomeno di “percezione” dell’insicurezza, una percezione alimentata dalla normalizzazione del discorso securitario in ogni ambito della vita quotidiana. Come una profezia che si autoavvera, la percezione dell’insicurezza costituisce il campo entro il quale le politiche “anti-degrado” e di “zero tolleranza” possono dispiegarsi senza alcuna opposizione.
In questo quadro generale sappiamo che la declinazione della paura e dell’insicurezza ha una connotazione di genere: intorno al corpo della donna (come madre, figlia, moglie…) si disegna simbolicamente la figura della vittima, debole per definizione, un corpo che necessita protezione, un corpo che viene violato, un corpo che non può determinare da sé la propria collocazione autonoma all’interno del tessuto urbano senza la tutela di qualcun altro.
Le prime “vittime” del regime di insicurezza sembrano essere quindi le donne, verso le quali si moltiplicano iniziative di “protezione” o criminalizzazione che vanno nel senso di un crescente controllo repressivo e poliziesco delle città.
Contemporaneamente l’insicurezza sociale si colloca in un contesto sociale, economico e politico caratterizzato ormai da una crisi strutturale conclamata. Precarietà, povertà, incertezza: queste sono le condizioni in cui si sviluppano sentimenti di paura e di instabilità di cui ancora una volta sono le donne a pagare il prezzo più alto.
La crisi mette in scacco un sistema welfaristico, quello fordista, che non è più in grado di rispondere al mutamento sociale in corso da oltre tre decenni. Il sistema di diritti di cittadinanza formulato nelle democrazie postbelliche corrisponde sempre meno alle reali dinamiche sociali, che sfuggono all’ordine familistico descritto normativamente, e si scontra con nuove esigenze e nuove rivendicazioni finora rimaste inascoltate. La crisi e le conseguenze dirette sulle vite di ognuno producono quel campo di insicurezza e paura così fertile alle strette repressive delle agenzie di controllo sociale istituzionale.
Fra i corpi femminili che abitano le nostre città ci sono anche quelli delle prostitute, oggetto negli ultimi mesi di un nuovo attacco proibizionista da parte delle amministrazioni locali e del governo nazionale. Il tema della prostituzione come fenomeno che genera allarme sociale viene agitato da mass media e attori istituzionali in un clima di crescente percezione di insicurezza. Facilmente collegabile al problema dell’immigrazione, che rappresenta ormai da anni il fenomeno sociale attorno al quale si costruiscono discorsi pubblici che alimentano la tautologia della paura e quindi la giustificazione della stretta securitaria, negli ultimi mesi la questione prostituzione è tornata al centro del dibattito politico in materia di contrasto al “degrado” urbano e di sicurezza, in piena sintonia e coerenza con il processo di criminalizzazione delle marginalità che abitano le nostre città.
Inoltre la questione della prostituzione, la sua normazione ed il discorso pubblico prodotto da mass media e agenzie istituzionali intorno alla sua pericolosità sociale e morale, fanno emergere con chiarezza quanto su di essa si giochino definizioni di lessici, stili di vita e relazioni, fondamentali per stabilire uno standard socialmente e eticamente accettabile, in un periodo in cui intorno alla sessualità, all’autodeterminazione e alla riproduzione si sta giocando una partita decisiva dell’agenda setting italiana.
Fra precarizzazione, femminilizzazione del lavoro e insicurezza si situano quindi la condizione femminile e più in generale la trasformazione delle relazioni di genere, che necessitano di una riformulazione di diritti e status in grado di dare risposte positive alle nuove domande politiche che interrogano oggi la politica.

domenica 12 aprile 2009